Saturday, December 4, 2010

Un mare di litio sotto il deserto di sale (Dal Lipez al Salar di Uyuni, attraversando la Riserva Avaroa) (15-20.07.2010)


La Bolivia sud-occidentale non è un territorio facilmente accessibile. Come in gran parte della regione andina, le strade sono mancanti o in costruzione, e, quel che è peggio, mancano le segnalazioni, non solo sulle piste accessibili con veicoli fuoristrada, ma anche sulle poche carreggiabili in terra battuta. Così, per non rischiare di perdermi in questa regione, mi affido, insieme ad altri quattro viaggiatori, ad una guida del luogo, che con il suo fuoristrada ci conduce attraverso la Provincia del Lipez fino ad Uyuni. Possiamo così inoltrarci tra le innumerevoli piste che appaiono e scompaiono seguendo il corso dei fiumi, che in questa stagione sono talora nascosti sotto strati di ghiaccio.

Avventurarsi in quest'area potrebbe apparire una piccola follia estemporanea. Il periodo in cui ho viaggiato, dopo la metà di luglio, è stato anche particolarmente disagevole per un'ondata di freddo che ha colpito la zona, facendo scendere la temperatura a meno 18 durante la notte. Questo, ovviamente non è stato piacevole, specie considerando che gran parte dei rifugi per la notte erano casette di adobe (mattoni di fango), prive di riscaldamento, con finestre e porte che non chiudevano. Insomma, dei veri e propri congelatori. Eppure questo quadro non sarebbe completo se non si ricordasse che questo clima è stato eccezionale; e soprattutto se non si rammentasse che comunque la bellezza e la varietà di questo territorio compensano abbondantemente il disagio del viaggio. I paesaggi sono unici e sorprendenti: vaste zone desertiche dai colori che si illuminano sotto il profondo cielo azzurro delle Ande; grandi lagune colmate dalle piogge estive circondate da vette che toccano o superano i cinquemila metri; singolari fenomeni naturali, come le sorgenti di acqua calda (dove è possibile bagnarsi!) o gli impressionanti geysers che trasformano l'altopiano in una mitica regione lunare avvolta nei vapori dell'acido solforico, che tutto brucia e distrugge nelle vicinanze.


Nel viaggio da Tupiza alla Riserva Naturale Avaroa si attraversa un vasto territorio del sud Lipez. Quest'area è scarsamente popolata, e gli abitanti, che si distribuiscono in piccoli villaggi o casali isolati, si dedicano principalmente ad un'agricoltura di sostentamento e all'allevamento di ovini e lama. Sono le aree che coprono la Quebrada di Palala, il Sillar, che domina spettacolarmente due alte vallate, e l'insediamento di San Pablo del Lipez, che durante il giorno appare quasi deserto. I pochi bambini che vi si incontrano, forse per gioco o timidezza, si allontanano correndo da noi stranieri, gridando e ridendo tra le strade gelide.

Queste stesse aree hanno anche subito un intenso sfruttamento minerario, che però non ha prodotto insediamenti stabili. Ogni nuovo giacimento ha originato un'intensa ma breve urbanizzazione di popolazione operaia, che però si è sempre dissolta all'esaurimento del filone minerario, lasciando villaggi che presto sarebbero diventati rovine di pietra e adobe. Il caso più eclatante è quello di Sant'Antonio di Lipez, ora chiamato il Villaggio Fantasma, che raggiungiamo dopo poco più di un giorno di viaggio. Di questo insediamento, che un tempo contava diverse migliaia di abitanti e due grandi chiese, ora resta soltanto una vasta area di rovine abbandonate. I pochi abitanti superstiti si sono trasferiti nel più recente villaggio di Sant'Antonio a diverse miglia di distanza.

Tante sono le leggende che Santos, la guida che ci accompagna, racconta sulle cause dell'improvviso spopolamento del Villaggio Fantasma, alcune legate alla presunta e proverbiale corruzione morale dei suoi abitanti, accusati di promiscuità e delitti inenarrabili. Tuttavia, la ragione più plausibile per questo totale e subitaneo abbandono è da trovarsi nell'esaurimento delle risorse del sottosuolo, come è stato per molti altri centri abitati della regione, ora ridotti a mute rovine tra detriti minerari.


Quando, al mattino, si lascia alle spalle il villaggio fantasma, correndo sulla pista in direzione sud-occidentale, si raggiunge a breve una vasta zona desertica che introduce alla prima e più elevata delle lagune immediatamente all'esterno della riserva Avaroa: la Laguna Morejòn, ad oltre 4800 metri di altitudine. Quando ci avviciniamo, nessuno degli uccelli che solitamente la popola è in vista. Il freddo eccezionale che ci ha accompagnato nei giorni precedenti, e ci seguirà per tutto il tempo che attraverseremo il Lipez e la regione di Uyuni, li ha costretti a spostarsi in aree più protette dal vento gelido del sud.
L'attraversamento della Riserva Avaroa ci impegna per almeno due giorni, permettendoci di apprezzare la grande varietà del suo territorio: il deserto di Dalì, il cui paesaggio ricorda quelli dei dipinti del pittore surrealista; la Laguna Blanca e Laguna Verde, dai colori bianco intenso e smeraldo per i minerali disciolti nelle acque, all'estremo sud della riserva, in prossimità del Vulcano Licanbur, al confine col Cile; la pittoresca Laguna Colorada, tutta circondata da cerros color rosso argilla; l'immenso deserto di Siloli; e l'ultima serie di lagune che colmano ampie depressioni tra le montagne nella regione nord-occidentale della riserva (Laguna Honda, Laguna Charcota, Laguna Hedionda, Laguna Cañapa). Non sono molte le specie faunistiche che in questo periodo di freddo intenso sono rimasti nella riserva, e i fenicotteri, segnalati fino a pochi giorni prima dai guardacaccia, sono scomparsi. Solo alcune anatre sono rimaste in prossimità dei corsi d'acqua, mentre le praterie rimangono il territorio prediletto dagli innumerevoli branchi guanacos.

Lasciata la riserva dal suo confine nord occidentale, si giunge a Chiguana. Il villaggio, segnato da una stazione ferroviaria, ora inutilizzata, è totalmente abbandonato, ma la linea è ancora utilizzata dai convogli merci per il trasporto di minerali dalla Bolivia alle zone di raffinazione in Cile.

Se gli abitanti del villaggio hanno completamente abbandonato le loro case, rimane ancora in piena efficienza un avamposto militare, considerato di importanza strategica dall'esercito Boliviano. E' qui che chiediamo ospitalità, per ripararci dal freddo, riposare e utilizzare il refettorio. Assai sorprendentemente l'accoglienza dei militari è molto calda. Non mi sarei mai aspettato che senza troppe formalità, un piccolo gruppo di stranieri sarebbe stato il benvenuto, e lasciato libero di girovagare tra le baracche e il refettorio... eppure questo avviene. L'unica cautela che uso è di limitare il numero degli scatti fotografici. I soldati ci fanno buona accoglienza. Si tratta di un piccolo gruppo di giovanissimi militari di leva sotto il comando di un sergente. Così, mentre Santos prepara il pranzo nel refettorio, i soldati vengono a fare la nostra conoscenza, e ci intrattengono con domande sui nostri paesi d'origine e ci raccontano del loro servizio di leva, la loro solitudine e la nostalgia di casa e famiglia. Ci parlano del loro isolamento e dei disagi che stanno affrontando, in un'area così isolata e periferica, quanto importante per la politica strategica del paese. Questa Fortezza Bastiani, infatti, è concepita per difendere i confini del paese da un'eventuale aggressione cilena, che, un tempo nemico della Bolivia, aveva sottratto al paese il suo unico sbocco sull'Oceano Pacifico. Malgrado i boliviani non abbiano dimenticano la perdita del loro unico sbocco marino, e i cileni siano considerati un popolo aggressivo da cui guardarsi, il Cile rimane un paese con cui la Bolivia ha intessuto stretti rapporti economici e commerciali, soprattutto nell'ambito dell'industria mineraria e della lavorazione delle materie prime.

La regione a nord di Chiguana è una vasto territorio desertico, di origine marina, con rocce coralline e fossili.


Poco distante si trovano le grotte della Galassia, scoperte da due campesinos di Aguiquiza. E' un piccolo complesso, con una grotta le cui pareti sono ricoperte da suggestivi fossili di alghe, affiancata da una caverna adibita a cimitero. Qui si trovano le sepolture a tholos dei Chullpa, una popolazione andina pre-incaica, che aveva realizzato questa necropoli nel periodo tra il XII e il XIV secolo.





Tuttavia, la vera grande attrazione a Nord del Lipez è il Salar de Uyuni. Una distesa di sale che si sviluppa per oltre duecento chilometri in ampiezza e duecentocinquanta in profondità. Il paesaggio è singolare. Un immenso deserto bianco, di sale, che si dispone su diversi strati, ognuno dei quali può raggiunge una profondità di circa sei o sette metri.

La distesa del Salar è interrotta solamente da ampie formazioni fossili di origine marina, che si ergono come piccole isole. Sono gli unici spazi, in questo deserto di sale, sul quale crescono piante grasse, la sola vegetazione che attecchisce e resiste in quest'ambiente. Incahuasi è una di queste, e costituisce una riserva naturale con un centro informativo ricco di documentazione sulla natura locale.
Tuttavia, tra le tante curiosità e notizie sul luogo, non appare alcuna menzione degli interessi minerari sul Salar. Da tempo, infatti, si è scoperto che sotto la distesa di sale si racchiude una delle più vaste riserve di litio, uno dei materiali indispensabili per l'elettronica di consumo. Lo sfruttamento di queste risorse è già stato concesso dal governo ad alcune società minerarie, e le popolazioni locali vedono in quest'industria un'opportunità unica ed imperdibile per sviluppare occupazione in una regione di estrema povertà. Ovviamente l'impatto ambientale sarà devastante sul Salar, anche con tutte le precauzioni e le promesse delle imprese coinvolte. Di fronte ad una secca alternativa tra estrema povertà e distruzione dell'ambiente naturale, è difficile trovare una risposta. Immaginare ipotetiche soluzioni di sviluppo sostenibile sembra molto facile quando si vive confortevolmente nel benessere occidentale, mentre ci si serve di telefonini e computer alimentati da batterie al litio. Diventa un po' più difficile, quando per qualche giorno, un po' per gioco, un po' per avventura, si è provato a vivere nelle casette di mattoni di fango prive di riscaldamento, come tanti vivono nel Lipez, mentre fuori il termometro scendeva sottozero. Allora, bisogna soltanto chiedersi se davvero lasciamo un'alternativa al governo boliviano e alla sua gente. Se siamo disposti a rinunciare ai nostri cellulari, e pronti a sostenere con i fatti un'industria ecologicamente compatibile in questa regione che dia pane, lavoro e dignità.

PS. Il vento gelido ci insegue fino ad Uyuni. Ogni cosa è ricoperta da una spessa patina di polvere. Al nostro arrivo, la città è deserta. Per le strade, agli incroci, si elevano mulinelli di sabbia e detriti d'ogni genere. Con Santos vaghiamo per la città alla ricerca di un luogo dove passare la notte e di gasolio per il fuoristrada. Le linee elettriche sono state distrutte ed i telefoni sembrano non funzionare. Finalmente, troviamo un albergo per la notte. Il padrone cerca disperatamente di spazzare via polvere e sabbia che si sono accumulati dalla notte precedente. Eppure questi sembrano solo piccoli disagi. Poter dormire in un comodo (anche se polveroso) letto sembra una conquista da re. Santos ci lascerà nella notte per tornare ad assistere la sua famiglia, isolata nei campi vicino Tupiza.

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