Sunday, August 22, 2010

Tupiza, un cinefilo pasoliniano, e il primo contatto con la Bolivia profonda



Tupiza è una cittadina andina nella Bolivia meridionale, che in questi ultimi anni ha visto un considerevole sviluppo turistico. L'attrattiva del luogo è il suo paesaggio ed il clima mite. I dintorni sono particolarmente belli da percorrere a piedi, in facili trekking attraverso le vallate subito al di fuori del centro urbano, oppure a cavallo. Per visitare i dintorni a piedi non è necessario provvedersi di guide, ed è possibile un ragionevole fai-da-te, anche se gli operatori locali a volte fanno pressione per affibbiare al turista impreparato tours nei vicini canions e facciano di tutto per non fornire le necessarie indicazioni per gli spostamenti. Basta allora declinare decisamente, e poi spostarsi per i fatti propri. E poiché non c'è speranza di ottenere mappe del territorio locale, il metodo più semplice è seguire il corso delle belle vallate circostanti, subito fuori il paese, e domandare ai contadini del posto, preparandosi però ad incontrarne molti che parlano pochissimo castigliano, ed a volte solo quechua. Basta però armarsi di un po' di pazienza e cercare di decifrare tutte le informazioni possibili, perché i locali hanno tantissima pazienza con i viaggiatori stranieri e sono davvero di grande aiuto.
Tupiza è anche il luogo degli incontri più improbabili. Quando, nella piazza centrale, chiedo al giornalaio di consigliarmi un quotidiano locale per mettermi al corrente sulle notizie del luogo, mi trovo davanti non un semplice edicolante, ma un appassionato cinefilo che conosce tutta l'opera pasoliniana. Non solo, ma anche una persona assai colta, con la quale discutere di letteratura sud americana e di Mario Vargas Llosa. In un paese come la Bolivia, dove l'indice di analfabetismo è ancora assai alto, dove molti bambini faticano ad andare a scuola, soprattutto nelle aree rurali, dovendo per necessità aiutare le famiglie nei campi, incontrare una persona di così tanti e vari interessi culturali è davvero una rarità. Bisogna inoltre considerare che, nel paese, le librerie (dove si vendono libri) e le biblioteche sono una vera rarità. I vari negozi che si fregiano del titolo di “libreria” sono in realtà dei piccoli bazar che vendono materiale da cartoleria e pochissimi libri, solitamente manuali scolastici, e quasi mai opere di letteratura o di carattere umanistico.




Col mio edicolante, però, apprendo molto degli sforzi del governo per limitare l'analfabetismo ed invogliare le famiglie a mandare i bambini a scuola. Per esempio, adesso viene fornito un incentivo di due o trecento boliviani per quei bambini che vengono promossi annualmente. Non è una grande cifra per il mondo sviluppato, la somma ammonta a circa 30-40 dollari all'anno. Tuttavia considerando che in certe aree rurali le famiglie vivono prive di un vero e proprio reddito monetario e si procurano il necessario con piccoli baratti basati sulla propria produzione agricola, una somma di due o trecento boliviani costituisce un considerevole incentivo a mandare i bambini a scuola.
"Certo, mi dice Wilson Flores, il mio nuovo amico libraio-edicolante, sarebbe meglio che questi sforzi il governo li concentrasse sulle famiglie più povere, invece di darli indiscriminatamente a tutti, per non scontentare nessuno. Però è sempre meglio che niente".





Tupiza è anche un luogo dalle tante contraddizioni. Se appena fuori del piccolo centro è spesso difficile incontrare campesinos che parlino il castigliano, all'interno della cittadina, il considerevole afflusso di turisti ha fatto lievitare il numero degli alberghi, delle agenzie di viaggio e, orribile a vedersi, delle pizzerie che offrono autentica “comida italiana”. Una di queste ha avuto anche il cattivo gusto di chiamarsi “Tu-pizza”, in un gioco di parole, che combina il nome della città con l'espressione “la tua pizza”. Questi locali sono accuratamente da evitarsi. Non solo perché sono i più cari ristoratori della città, anche se i prezzi boliviani sono sempre e comunque contenuti per un europeo, ma perché non hanno nulla a che spartire con la cultura e il modo di vivere locali, e soprattutto con la cucina boliviana.
In un paese dalle non molte risorse, come la Bolivia, uno potrebbe attendersi una cucina assai povera. Eppure non è così. Per questo è sufficiente recarsi al mercato. La varietà di frutta e verdura è considerevole. Perché in tutti i mercati si trova sempre il meglio della locale frutta tropicale. Dalle succosissime papaye, ai locali ananas (rigorosamente non Del Monte e gustosissimi) alle esotiche chirimoyas, tanto brutte a vedersi quanto dolci nella polpa bianca. E per chi non ha voglia di cucinare, c'è sempre il comedor popular, rigorosamente al piano superiore del mercato, dove far colazione con api e pastel de queso fritto all'istante, o mangiare un menù tipico fatto di minestra e un piatto di carne o pollo servito con riso e verdura per il costo “incredibile” di 8 o 10 bolivianos (meno di un euro e mezzo). Il tutto cotto in pentoloni a vista e servito all'istante in pittoreschi piatti, talvolta di dubbia pulizia. Ma ne vale la pena. E posso confermare, che con questa dieta non ho mai sofferto di stomaco in settimane di viaggio.




La forte presenza turistica, ha reso le locali agenzie di viaggio aggressive. Attaccano il turista alla polpa e non lo mollano finché non l'hanno inghiottito e digerito. Per questo è assai importante, a volte, essere duri e coriacei e strappare il meglio del servizio. A volte, inoltre, è meglio spendere un po' di più, ma assicurarsi che tutto quello che si richiede venga fornito adeguatamente. Per esempio, quando si decide di fare un tour con una guida e un fuoristrada, bisogna assolutamente accertarsi che la guida conosca veramente ed accuratamente i posti, e che l'auto sia in ottime condizioni. L'importanza della buona guida locale è fondamentale, in quanto le strade boliviane, quasi tutte semplici piste in terra battuta, sono totalmente prive di segnali, e perdersi è assai facile se non si conoscono a menadito i luoghi. Inoltre, quando ci si perde in queste regioni, a volte per chilometri non si trova nessuno cui domandare indicazioni, e girare a vuoto può essere pericoloso, perché una volta finito il carburante, non è facile trovare dove rifornirsi. Le condizioni dell'auto sono poi necessarie a garantire un minimo di sicurezza, su strade che sono semplici piste in terra battuta. I freni e le sospensioni devono essere in perfetto ordine, altrimenti sono guai, e allora gli incidenti, anche seri, diventano assai probabili.
Così, quando preparo il mio viaggio attraverso la Provincia di Lipez, la riserva Avaroa e il Salar di Uyuni, e anche se resterò insoddisfatto del servizio dell'agenzia (la cui unica preoccupazione era di intascare il dovuto), non potrò che mostrare enorme riconoscenza per Santos, la mia guida-autista-cuoco. Santos, in condizioni difficilissime ha saputo non solo portarmi con la sua jeep su terreni resi quasi impossibili dall'improvvisa ondata di gelo che ha colpito la regione subito dopo la nostra partenza, ma rendere questo viaggio sottozero (-18 gradi centigradi di notte) piacevole, facendomi provare le semplici ma deliziose specialità della cucina boliviana. Tutte preparate nelle più precarie condizioni. Ma di questo dirò nel prossimo post.






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