Monday, June 21, 2010

Aghi e punzecchiature = Needles and Pinpricks

Il dottor M. armeggia sulla tastiera mentre scruta il terminale del computer dalla remota lontananza delle sue lenti fumée. Hanno lo spessore del fondo di una bottiglia di champagne o un vetro antiproiettile a doppia blindatura, e sono sorrette da una sottilissima montatura che, sospesa sul naso allungatissimo e ancorata alle poderose orecchie, sfida le leggi della gravita e della scienza delle costruzioni. Lui è un uomo altissimo, magrissimo fino alla denutrizione, scuro di carnagione, e dalla voce bassa, calma e rassicurante. Tra i tappettii della tastiera, sulla quale opera con la violenza cui erano soggette le vecchie Lettera 35 quando il nastro era giunto alla consunzione della trasparenza, M. emette un borbottio di protesta contro la connessione internet, maledicendo lo stato che risparmia sulle risorse del suo ufficio, e il tecnico informatico che l'ha abbandonato in balia di una tecnologia umorale, ostile e incomprensibile. Alle sue spalle, su un'altissima libreria, siede, nella sua polverosa solennità, tutta la scienza infettiva: i cinque giganteschi tomi del Professor Djembé sulla colorazione delle feci in una crisi di diarrea tropicale, con tavole a colori e rilegatura in vera pelle di zebù, dono di uno stregone africano; i quindici dottissimi volumi del Dottor Zanzotto sulla picchiata della culex pipiens in assetto di guerra, dall'identificazione della sua vittima predestinata, all'insorgere dei fastidiosi pruriti sulle parti più nascoste al sole; e gli innumerevoli saggi dai titoli esotici ed invitanti come “Vivere con l'epatite B e le altre lettere dell'alfabeto”, “Viaggio al termine della malaria”, “Un giorno la dengue ti colpirà”, “Il ritorno della psoriasi”. Dietro la sua scrivania, il dottor M. consulta tutte le notizie più aggiornate sulle malattie che incontrerò nel corso del mio viaggio, seguendo le linee del testo col regolare movimento degli occhi, che sguazzano come pesci dietro l'acquario dei suoi occhiali. Dall'altra parte della scrivania, su una sedia ripida come il seggiolino d'espulsione dell'areo di un top gun, lo ascolto in religioso silenzio, mentre, col dovuto rispetto e discrezione, compio le necessarie pratiche di scongiuro, pronunciando nella mente le consuete formule in dialetto siciliano. Apprendo, così che mentre l'Argentina è sana come un pesce non fosse per la febbre del tango, Bolivia e Perù, dove intendo recarmi successivamente, costituiscono un vero pericolo per la salute dell'ignaro viaggiatore. Così vengo edotto, che dal bacino amazzonico alla regione delle Ande, conviverò con le assai famose malaria, epatite e tifo. Ma potrei anche fare l'esperienza delle meno note, ma non meno fastidiose, bartonellosi, ciaga e lesmaniosi. Nelle zone più calde e prossime alla selva, però, impera la febbre gialla, di cui il dottor M. è acuto conoscitore e signore della prevenzione. Mi invita così a prendere un appuntamento per il primo punzecchiamento... una proposta, che, come direbbe Marlon Brando in un celebre film, non posso rifiutare (I'm gonna make him an offer he can't refuse).

Doctor M. taps on the keyboard as he attentively observes the screen from the remoteness of the aquarium in which his eyes waddle. They are behind a thin frame that, defying gravity and all theorems of construction science, supports dark lenses thicker than the bottom of a bottle or a bullet-proof glass. He is amazingly tall, thin as if hunger-stricken, dark skinned, and with a low tone voice, calm and reassuring. He operates on the keyboard with the same violence as if on an old Remington with an inked band consumed to transparency. Every now and then, M. emits a babbling noise, corresponding to a curse against the internet connection, the state that provides his office with poor resources and little money, and the IT technician, who left him at the mercy of a moody, hostile and incomprehensible technology. At his back, a huge bookcase contains all infective science sitting in its dusty solemnity. (to be continued)