Tuesday, June 29, 2010

L'Argentina attraverso le strade di BA = Argentina through the Street of BA



Neanche un lungo viaggio di tredici ore riesce a smorzare l'eccitazione di esplorare Buenos Aires. Quando, nel pomeriggio, esco dal mio ostello a pochi passi dall'obelisco, la sensazione è quella di un centro dinamico ma caotico. La trama delle tante strade anguste, che si alternano alle larghe avenidas del microcentro, trabocca di folla. La sensazione visiva è quella di una metropoli orientale filmata da Wong Kar Wai. Agli angoli delle strade e ai lati degli ingressi delle gallerie commerciali e delle vetrine dei negozi, è tutto un brulicare di ambulanti che vendono merci di ogni tipo, dai frutti secchi, ai calzini, a piccoli oggetti decorativi in plastica e vetro, tra la folla dei passanti che si affretta con indifferenza. Solo l'apertura verso le grandi avenidas compensa il senso di oppressione di questo formicaio metropolitano. Florida è una strada pedonale trasformata in un grande mercato. Ai lati i negozi per lo shopping della middle class ed i grandi magazzini. Lungo la parte centrale del passaggio pedonale, invece, si dispongono gli ambulanti, che espongono la loro merce su teloni per terra, lasciando ai passanti solo gli angusti spazi laterali. Si vendono gadget per il mondiale, dai più improbabili cappelli, alle bandiere, trombe, coppe del mondo ed esotiche vuvuzelas africane tutte rigorosamente di pura plastica made in Pechino, nei tradizionali colori nazionali bianco ed azzurro. Ci sono bancarelle di sciarpe, maglioni di lana, foulard di ogni tipo, fiori, oggetti per la casa...

Un gruppo di ragazze si esibisce in una danza del subcontinente indiano nei tradizionali costumi, contribuendo alla speciale atmosfera di questo gran bazar. Più avanti, un uomo di mezza età espone libri su un telone, ed illustra ad un giovane un volume di economia politica. Sta vendendo ciò che rimane della sua biblioteca, e mostra nella forma più diretta le difficoltà di sopravvivenza del ceto intellettuale.

Nel formicaio umano, si colgono le ombre di una crisi senza termine, in cui quella attuale si è saldata a quella del 2001, quando il paese dichiarò bancarotta, non essendo in grado di ripagare il debito pubblico. Proprio di queste ultimi giorni è la notizia che la presidente Kirchner è riuscita a rinegoziare una parte del debito del paese, quello costruito sia sui prestiti del FMI che sui famosi tango bonds, che hanno colpito duramente tanti piccoli risparmiatori italiani. Una tragedia di impoverimento che sembra aver anticipato quella della Grecia.

Spostandomi sulla stretta calle Mapui, la ripercorro fino ad uno slargo su cui si apre la sede della Critica de la Argentina. Da quando il giornale è a rischio di chiusura, ha cambiato il nome in Critica de los trabajadores. Adesso è un giornale autogestito dalla redazione, privo di ogni mezzo economico e tecnico (la redazione non può neanche contare su una connessione internet). I giornalisti e gli impiegati, più di centonovanta, rischiano di perdere il lavoro e ormai da mesi non ricevono lo stipendio. Gli ultimi numeri del giornale, ormai senza una regolare periodicità, e venduti dagli impiegati e da volontari, sono stati pubblicati per la giornata del giornalista, con il sostegno dei sindacati e di personaggi della cultura argentina. Nelle loro pagine si parla della resistenza della redazione, che si oppone alla chiusura del giornale. Hemos hecho todo lo humanamente posible para explicar porquè la desapariciòn de un de un diario es una mala noticias para todos. (Abbiamo fatto tutto ciò che è umanamente possibile per spiegare che la chiusura di un giornale è una brutta notizia per tutti), dice l'articolo di apertura del collettivo redazionale. E' il rischio che le notizie che ci riguardano in prima persona, sull'economia, la politica e il lavoro, rese già poco visibili dalla febbre dei mondiali, non si possano più leggere, denunzia in altro editoriale Nicolàs Fiorentino. E' un ammonimento rivolto agli argentini, ma potrebbe valere anche per l'Italia. E curiosamente i paralleli con l'Italia non si fermano alla questione della libertà di stampa. Tra le tante scottanti analogie politiche tra i due paesi, vi il problema della limitazione della DNU (decretaciòn de necessidad y urgencia). La DNU è una pratica simile ai decreti legge italiani, che possono essere promulgati dall'esecutivo, senza discussione parlamentare. In Argentina, le opposizioni hanno già approvato alla camera una legge che ne limita l'uso, ma il senatore Nestor Kirchner ha auspicato che la presidenza (sua moglie Cristina) ponga un veto alla legge, nel caso venga approvata dal senato. Il pretesto è, ovviamente, che in una situazione di emergenza, come quella del paese, l'esecutivo deve poter agire con agilità e senza impedimenti.

L'altra grande questione è quella della riforma del Consiglio della Magistratura. Le opposizioni argentine vorrebbero che si ponga un limite al controllo politico, soprattutto dell'esecutivo, sulla magistratura, ed auspicano una legge che renda più autonomo il potere giudiziario. Il rischio che, però, i giornalisti della Critica denunciano, è che i mondiali di calcio oscurino queste questioni e favoriscano, nell'anestesia generale del paese, riforme che invece di sviluppare la democrazia, la rendano più asfittica.

L'idea che tutti gli argentini sentano i morsi della crisi, scompare nel quartiere delle banche che conduce alla Casa Rosada, una piccola city londinese trapiantata oltre l'atlantico, o nel quartiere di Palermo. Qui, lontano dal microcentro, i grandi spazi verdi, circondati da lussuosi complessi residenziali, e i tanti locali e piccoli bistrot attorno a Plaza Italia danno l'idea di un benessere impermeabile alla crisi. Al fine settimana, i parchi di Palermo si riempiono di buenosairensi che praticano sport, sfruttando le attività promosse dall'amministrazione cittadina, l'iniziativa Buenos Aires Ciudad de Deportes. Dalla ginnastica, all'hockey a rotelle, al pattinaggio, o la corsa sono le attività preferite dai locali, che trasformano le grandissime aree verdi di questo quartiere, attorno al giardino delle rose (El Rosedal) e il planetario, in un Central Park del Sudamerica.

Più lontano, tornando alla Plaza de Mayo, la percezione di questo benessere è smorzata dagli striscioni lasciati dalle associazioni di veterani delle Malvinas. Sono le associazioni delle truppe che hanno subito una guerra imposta dalle alte gerarchie militari, nel loro tentativo di conservare il potere politico e riguadagnare un certo consenso popolare, quando la dittatura era già al tramonto. Ai semplici soldati non sono stati riconosciuti né diritti né indennizzi, per una guerra che tutti adesso sembrano voler dimenticare.

Domenica pomeriggio, intanto, l'Argentina conquista i quarti di finale da giocare contro la Germania, e per i tanti tifosi venuti ad assistere alla partita allo schermo gigante nel Parco del General San Martin, al Ritiro, comincia una lunga notte di festa, che attraversa tutti i quartieri della città: dal microcentro a Palermo, al bellissimo barrio di San Telmo con le sue architetture ispirate allo stile coloniale, con balli e stamburate per le strade. Una grande festa che potrebbe durare fino al risveglio della fine del Mondiale.