Il territorio boliviano della regione orientale andina, tra Samaipata e Vallegrande, è quella che fece da teatro alle ultime imprese del Che, alla sua cattura e assassinio, tra marzo e ottobre del 1967. Secondo Hugo Gambini, biografo del rivoluzionario argentino, la scoperta precoce del piccolo esercito rivoluzionario ed un concorso di circostanze, tutte negative, furono le concause che portarono all'esito disastroso della guerriglia boliviana. Dopo l'ingegnosa ma effimera conquista di Samaipata, i guerriglieri furono costretti ad una ritirata strategica, che ebbe esito fatale nei pressi del piccolo villaggio de La Higuera.
Per capire cosa resta dell'eredità ideale del Che nei luoghi dove ha combattuto ed è morto, alla base dell'altipiano andino, faccio un percorso che mi porta a risalire sulla cordigliera da Santa Cruz, nel bacino amazzonico, nel territorio orientale della Bolivia.
I. Santa Cruz
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Santa Cruz |
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Santa Cruz |
Santa Cruz è la capitale dell'est del paese, arricchitosi negli ultimi decenni, dopo le scoperte dei vasti giacimenti di gas. È anche il centro di un movimento secessionistico, che vorrebbe tenere per sé i proventi delle risorse energetiche e privatizzarle nuovamente, dopo la nazionalizzazione sostenuta e realizzata dal governo di Evo Morales nel 2006. Qui, si vota in massa per il partito verde di estrema destra, conservatore e secessionista. I verdi, che hanno qui la loro roccaforte e reggono il governo locale da diversi anni, hanno fatto di questa regione una specie di nord leghista in salsa boliviana.
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Santa Cruz |
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Per chi si aspettasse un città dinamica e vivace, nucleo dell'economia più avanzata del paese, Santa Cruz è una grande delusione. Nei giorni di festa o la domenica è un sonnolento paesone; in quelli lavorativi è caotica; generalmente, è assai poco attrattiva. Al centro, è la grande piazza, intorno alla quale si trovano i pochi edifici storici, sede degli organismi amministrativi e di un museo. Intorno sono i quartieri benestanti, con piccole e pretenziose casette unifamiliari, parenti poveri del modello suburbano nordamericano. Si affacciano su stradine sporche, a volte alberate, attraversate a tutta velocità dagli SUV dei nuovi ricchi. Sono loro, che, ostentando con prepotenza il benessere da poco conquistato, si comportano come i veri padroni della città. Un po' più oltre, si avvolgono gli anelli della periferia, un brulicare di urbanizzazioni senza storia e senza ordine, fogne a cielo aperto, rifiuti ai bordi delle strade, ed interminabili lavori in corso. Unica nota di vita, è la protesta dei lavoratori del locale municipio, che, dopo aver appoggiato i conservatori al governo locale, sono stati licenziati in tronco per tagli alle spese e ristrutturazione amministrativa. Come nei paesi più ricchi, il neoliberismo si vendica sui suoi stessi sostenitori. Quelli più indifesi, naturalmente, abbindolati dal pensiero unico.
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Santa Cruz |
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Eppure questa visita a Santa Cruz non è un atto di deliberato autolesionismo. Aveva senso, sia pur brevemente, visitare il centro del becero conservatorismo boliviano, poco distante dal luogo del martirio di Ernesto Guevara. Poi, da questa città è più facile risalire l'altipiano, verso Samaipata, in una regione pittoresca e ricca di testimonianze storiche. Samaipata, infatti, non è stata solo il centro delle ultime gesta del Che, ma anche una cittadina sorta nelle propaggini della civiltà incaica, con importantissime testimonianze archeologiche.
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Santa Cruz |
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Santa Cruz |
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Santa Cruz |
Il mezzo più efficace per Samaipata è il taxi collettivo. A me tocca una stipatissima Toyota station-wagon, carica di bagagli, quattro passeggeri più autista. Lui guida come Schumacker, schivando pedoni, ciclisti, cani, maiali e palmipedi vari, sulle strette strade locali, rigorosamente asfaltate, simbolo dell'opulenza dell'ovest.
II. A Samaipata
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Samaipata |
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Vista da El Fuerte |
In poco più di due ore, Schumacker mi deposita sulla piazza principale di Samaipata, pronto per visitare i dintorni.
La prima meta delle mie esplorazioni locali è El Fuerte, un complesso cerimoniale e amministrativo pre-ispanico, a circa nove chilometri dal villaggio, una lunga passeggiata, per niente difficoltosa non essendoci grandi dislivelli da superare.
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El Fuerte |
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El Fuerte |
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El Fuerte |
El Fuerte si dispiega attorno ad una collina costituita da un immenso monolite, che costituisce il centro cultuale dell'antica città, con altari, nicchie e simboli religiosi scavati o scolpiti nella roccia. Attorno si sviluppano la grande piazza, con le fondazioni degli edifici originariamente utilizzati come depositi pubblici, ed alcuni complessi residenziali. Questa città, fondata su di un altura, e ben difesa dalla sua posizione elevata, era originariamente sede delle popolazioni Mojocoyas e Chanés, che ne avevano fatto un importante centro religioso. Tuttavia, per la sua posizione tra est amazzonico e ovest andino, a partire dal 1400 era divenuta una cerniera che univa l'oriente incaico all'occidente delle etnie amazzoniche. Successivamente, conquistata dagli spagnoli, divenne una roccaforte per proteggere le comunicazioni tra Asunciòn e Lima. I tanti reperti trovati in questa zona archeologica sono conservati in un piccolo ma ben allestito museo a Samaipata. Qui sono esposti soprattutto ceramiche ed utensili, che testimoniano le varie facies che hanno caratterizzato lo sviluppo de El Fuerte, dal periodo pre-incaico a quello ispanico.
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El Fuerte |
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El Fuerte |
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El Fuerte |
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Cammino a El Fuerte |
Di ritorno a Samaipata, si ha la chiara percezione che il piccolo villaggio, conquistato dal Che attraverso un astuto sotterfugio il 10 luglio del '67, adesso è profondamente cambiato. Per la sua posizione geografica, e l'amenità del suo territorio, si è trasformato in una meta turistica. Il centro conta numerosi alberghi e agenzie di viaggio, il cui pezzo forte sono gite con fuoristrada, a cavallo o a piedi lungo la “ruta del Che”. Il rivoluzionario argentino è una specie di promotore turistico, attraverso il quale svendere a visitatori nordamericani ed europei il territorio ed il suo paesaggio. Il Che viene svilito al ruolo di eroe dei fumetti, i suoi ideali vengono accuratamente ignorati a favore di una evocazione spettacolarizzata dei suoi ultimi giorni, nello scenario naturale delle montagne boliviane.
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Samaipata,Chiesa |
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Samaipata, Piazza |
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Samaipata |
Accanto al mercato del turismo di “movimento”, che sfrutta la bellezza del paesaggio, e fortunatamente non ha un forte impatto ambientale, se ne è sviluppato uno stanziale. Samaipata ed i suoi immediati dintorni sono diventati centro di un intensa speculazione edilizia, che vede la realizzazione di seconde case e ville per vacanze destinate ai nuovi ricchi di Santa Cruz o ad acquirenti nordamericani. Non è chiaro da dove vengano i capitali per questa industria, che distrugge le risorse idriche e consuma il territorio, anche se alcuni degli impresari hanno nome di origine europea o nordamericana. Eppure questa speculazione sta trovando un ostacolo nel comitato civico per l'acqua. Dopo che è emersa la limitatezza delle risorse idriche del territorio, un comitato cittadino sta lottando contro ulteriori lottizzazioni, consapevole che l'espansione urbanistica può portare ad un esaurimento delle falde locali. Ancora non è chiaro come andrà a finire questa vicenda, se il buon senso, il rispetto per l'ambiente e il mantenimento dell'equilibrio tra abitato e risorse naturali avrà la meglio sulle manovre di pochi speculatori senza scrupoli.
III. La Higuera
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Il bus dei miracoli |
Da Samaipata un bus di età biblica, dedicato al Señor de los Milagros, compie il prodigio quotidiano di mantenere i collegamenti con Vallegrande. Arrivato a destinazione, devo trovare un mezzo per giungere fino a La Higuera, priva di alcun collegamento pubblico o collettivo. Trascorro così ore in lunghe contrattazioni con le guide locali, che cercano di ricavare quanto più possibile dai visitatori stranieri, una prassi comprensibile in un'area così povera. Tuttavia, la mia fortuna è stata incontrare un autista che, dovendo accompagnare un altro passeggero lungo la strada, accetta di prendermi per un prezzo ragionevole. Così, il mattino successivo, malgrado nebbia e freddo, ci mettiamo in cammino lungo una carrozzabile, che ci permetterà di visitare alcuni villaggi rurali dei dintorni, lungo il cammino a La Higuera.
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Pucara |
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Pucara |
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Pucara |
La prima tappa la facciamo a Pucara. Il villaggio ha una grande piazza che sta per essere rinnovata, con nuove installazioni e lampioni. Questo rinnovamento si coniuga ad un programma di promozione del turismo, sostenuto dalla cooperazione delle giunte autonomiche spagnole di Andalusia e Siviglia, che fornisce piccoli capitali alle microimprese locali per la realizzazione di alloggi e ristoranti. Si vuole promuovere un turismo rurale, che favorisca la creazione di una piccola rete di servizi tra i villaggi della zona, e che valorizzi la natura dei luoghi con un basso impatto ambientale. Anche se le intenzioni sembrano ottime, questo sviluppo deve senz'altro fare i conti con le difficoltà di spostamento in quest'area. Gli operatori locali, infatti, saranno sicuramente costretti alle condizioni di quelli dei centri più grandi, Samaipata e Vallegrande, gli unici che sono in grado di portare qualche turista in questi villaggi dispersi tra le montagne. Sembra davvero difficile che il turismo possa essere un volano di sviluppo per quest'area che vive principalmente di agro-pastorizia. E, d'altra parte, un turismo di massa finirebbe per snaturare e distruggere il tessuto sociale e l'equilibrio ambientale, come sta avvenendo a Samaipata.
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Pucara |
L'altro aspetto che, però, emerge in questo piccolo villaggio è la forte polarizzazione politica tra una fazione conservatrice, che fa capo al partito verde, al governo di Santa Cruz, e quella socialista che fa riferimento al MAS di Evo Morales. Qui, Che Guevara è simbolo del partito di Morales, ma i grandi ideali sembrano in secondo piano rispetto alle lotte per i piccoli interessi locali. Così, il viso del Che sulla facciata di una “posada” che si affaccia sulla piazza principale serve più a dichiarare da che parte sta il proprietario in questa lotta politica senza quartiere, che ad evocare le gesta e gli ideali del Che o le questioni di politica nazionale. Un po' come avveniva nei comuni italiani del medioevo, in cui la lotta tra Guelfi e Ghibellini era più un conflitto tra fazioni per la conquista del potere locale, che una presa di posizione a favore di papato o impero.
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Alla "escuelita" (verso La Higuera) |
Da Pucara, lungo il cammino, facciamo tappa presso una piccola scuola rurale. Anche la maestra e il marito, un contadino, stanno costruendo un alloggiamento di adobe e paglia per visitatori, e partecipano al programma di sviluppo turistico. Tuttavia, vivendo in una zona piuttosto isolata, sembrano lontanissimi dalle lotte di potere di Pucara. Vivono in aperta campagna, e la donna mi racconta che la sua è una scuola piccola, con altri quattro o cinque bambini che frequentano, non tutti i giorni, insieme ai suoi due figli. La scuola e la sua maestra, con un forte senso pratico tutto femminile, non sembrano solo una roccaforte contro l'ignoranza e l'analfabetismo, ma anche un presidio di buon senso.
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La Higuera |
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La Higuera |
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La Higuera |
Pochi chilometri dopo, appare finalmente La Higuera. All'ingresso del paese, è la targa che ricorda il sacrificio di “Coco” Roberto Peredo e “Antonio” Orlando Pantoja Tamaño, due dei compagni del Che, caduti qualche giorno prima la cattura del loro comandante. Il villaggio è piccolissimo, pochissime case attorno alla minuta piazza principale su cui domina una statua color bronzo e formato extra-large del Che Guevara. Dietro, è un piccolo giardino a forma di stella, con al centro un busto, anch'esso dedicato al Che. Sulla sinistra, un grande masso fa da base ad un altro busto del comandante. La piccola piazza è chiusa da un centro civico, che include una scuola, un campo sportivo ed un ambulatorio, visitato periodicamente dalla Brigada Medica Cubana, che offre un servizio sanitario gratuito alle popolazioni locali. All'interno, un'intera parete di fotografie ricorda le varie missioni dei medici e le loro commemorazioni del Che. Dall'altro lato della piazza, la “Escuelita”, la vecchia scuola rurale de La Higuera. Qui, il Che era stato tenuto prigioniero dopo la sua cattura, l'8 ottobre 1967, e poi ucciso da uno dei suoi carcerieri. L'edificio è stato rinnovato e trasformato in un Museo, naturalmente dedicato al comandante.
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La Higuera |
Intorno non si vede quasi nessuno. In questo sonnolento, freddo e nebbioso pomeriggio, il villaggio sembra quasi abbandonato. Pochissime sono le presenze. Qualcuna proprio eccentrica. Come la donna anziana, che lavora a maglia proprio alla base della grande statua. Sotto il vigile sguardo del comandante, la donnina realizza piccole borse di lana rivoluzionaria da vendere ai pochi turisti che giungono fino a qui. Due bambine corrono, gridano, ridono. Sono instancabili ed inesorabili, mentre inseguono galline e maiali che pascolano per le strade deserte. Nel silenzio generale, la loro allegria sembra dare un senso al villaggio fantasma. Gran parte della popolazione, infatti, vive dispersa tra le montagne, in piccole casette isolate. Alcuni degli adulti si scorgono in lontananza in un campo, mentre battono le spighe, separando la pula dal grano.
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La Higuera |
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La Higuera |
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La Higuera |
Una donna mi offre di aprire il Museo della Escuelita, e mi lascia libero di fotografare e guardare tra i cimeli, le foto storiche, ed i pannelli esplicativi, che rievocano le gesta di Guevara e dei suoi compagni in Bolivia. Tra i pezzi forti della collezione la campera (divisa militare) che il Che indossava quando fu catturato ed ucciso, considerata come una specie di reliquia dagli abitanti del villaggio. Molte sono le targhe lasciate dalle delegazioni ufficiali, ma molti di più i messaggi di visitatori su registri e piccoli ritagli di carta, disposti un po' dappertutto, soprattutto di argentini, cubani, cileni e venezuelani. Non mancano gli italiani che sono giunti fino a qui, alcuni in gruppo, soprattutto dagli CSOA del nord e del nord-est.
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La Higuera |
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La Higuera |
Questo remoto villaggio è come un unico grande mausoleo, con una delle più alte densità di statue, busti e foto del Che per abitante e chilometro quadrato. Circondato dalle montagne, custodisce la memoria ed i segreti degli ultimi istanti di vita del comandante, mentre tutt'intorno la quotidianità del lavoro e della fatica sembra scorrere lontana e indifferente. Lungo questa strada solitaria e polverosa, la vera battaglia che si sta combattendo sembra essere tra il silenzio della natura e la persistenza della memoria.
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La Higuera |
IV. A Vallegrande
A Vallegrande rientriamo nella notte, dopo un lungo viaggio attraverso il freddo e la nebbia. È il villaggio più popoloso ed importante della regione.
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Vallegrande |
Il suo centro rappresentativo è la grande piazza con la sua curatissima villa alberata, secondo il modello urbanistico tipico di tutta la regione andina. Intorno, sono la chiesa principale, il municipio, una biblioteca (che sembra perennemente chiusa), la sede delle guide turistiche locali e diversi piccoli negozi. Poco fuori dal centro è la stazione dei bus, che mantiene i collegamenti principali verso Santa Cruz, ad est, e Cochabamba, a nord-ovest. Il suo vero cuore pulsante, però, è il grande mercato, il polo in cui si concentrano le principali attività economiche locali, e punto di attrazione dei contadini che vengono dalle aree circonvicine, sia per vendere i loro prodotti, che per rifornirsi del necessario.
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Vallegrande |
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Vallegrande |
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Vallegrande |
A Vallegrande, il Che giunse già cadavere tra il 10 ottobre 1967, perché potesse essere ufficialmente riconosciuto. All'epoca, si cercò di occultare che il comandante fosse stato ucciso quando era prigioniero. Lo stato maggiore boliviano diffuse artatamente la voce che fosse morto per le ferite riportate in combattimento, anche se questa versione era palesemente contraddetta dal tipo di ferite riscontrabili sul corpo di Guevara. Il calcolo dei suoi carcerieri, istigati da ufficiali dei servizi segreti nordamericani, era che la sua morte avrebbe per sempre posto fine alla sua leggenda, e avrebbe comunque arrestato ogni altro fenomeno insurrezionale nel cono sud. Si arrivò al punto di cercare di cancellarne la memoria, occultandone frettolosamente il cadavere e seppellendolo, insieme ai resti dei suoi compagni, in un'area nota solo ad alcuni ufficiali boliviani. Per il riconoscimento sarebbero state sufficienti le foto e le impronte digitali, prese sulle mani amputate dal cadavere. Per ironia della sorte, questi calcoli dell'intelligence americana, risultarono, almeno in parte, sbagliati. Anche se la fine della guerriglia boliviana segnava una grave sconfitta per il movimento di liberazione nel Sudamerica, la vicenda degli ultimi mesi di vita del Che Guevara e l'occultamento del suo cadavere ebbero l'effetto contrario di accrescerne la fama ed il mito. Il governo cubano li seppe abilmente alimentare e sfruttare nel corso del perdurante conflitto col suo potente vicino, mentre in Europa, il Che stava per diventare uno dei simboli chiave dell'incipiente '68.
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Vallegrande |
Le foto che ritraggono il Che cadavere, circondato dagli ufficiali boliviani e nordamericani, furono prese nella lavanderia del piccolo ospedale di Vallegrande. Il complesso, adesso, è stato potenziato con un nuovo grande padiglione, che si avvale della cooperazione medica cubana, ma il giardino retrostante è stato trasformato in un altro sacrario del Che. Sul retro del più vecchio edificio, un murale ritrae Guevara accanto alla lettera che scrisse ai figli prima di lasciare gli incarichi ufficiali cubani e partire per il Congo nel 1965. Poco oltre, nel giardino, è la lavanderia, conservata integra, sulle cui pareti i visitatori hanno lasciato ricordi in omaggio al comandante. Dopo tutti questi anni ed i tanti messaggi, adesso rimane ben poco spazio. Ad un estremo del giardino, è un'altra piccola baracchetta, questa volta perfettamente immacolata, con una piattaforma di cemento, dove il corpo di Guevara fu depositato, mentre all'altro estremo è un giardino chiuso, a forma di stella, a commemorare il Che e la cooperazione cubano-boliviana.
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Vallegrande |
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Vallegrande |
Per essere facilmente raggiungibile, l'ospedale di Vallegrande è meta di un intenso pellegrinaggio, e molti sono gli argentini e gli europei, soprattutto spagnoli, che incontro nel corso della mia visita. Tuttavia, l'altro polo di attrazione del villaggio è il mausoleo costruito sul luogo di sepoltura del Che ed i suoi compagni. Questo, presso una pista di atterraggio usata dai militari, era rimasto segreto per diversi decenni, e fu svelato per ragioni umanitarie da un ufficiale boliviano a trent'anni dalla morte del Che, nel 1997. Dopo il ritrovamento e l'esumazione, i resti del Che e dei suoi compagni furono trasferiti all'Havana. Sul luogo del ritrovamento, in corrispondenza della fossa comune, è stato costruito un imponente mausoleo circondato da un giardino. Un altro piccolo giardino, poco distante, costituisce il memoriale del luogo di ritrovamento dei corpi di Tania e degli altri guerriglieri caduti nell'ottobre del '67.
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Il mausoleo ed il giardino si trovano in un'area periferica di Vallegrande, a poca distanza dal centro. Possono essere visitati solo se si è accompagnati dalle guide locali, che si riservano il diritto di accesso. Potrebbe sembrare una strana prassi per un cimitero, ma questo è dovuto a due fattori. Il primo è che il memoriale è diventato un importante asset economico per il villaggio, perché gli introiti dalle visite assicurano la sopravvivenza delle guide locali. L'altro, è tutto politico. Vallegrande, come Pucara, è un villaggio fortemente diviso tra conservatori secessionisti e sostenitori del Moviemiento al Socialismo di Morales. Da quando il partito conservatore ha vinto le ultime elezioni municipali per pochi voti in più, i fondi del mantenimento per il mausoleo ed il giardino sono stati eliminati del tutto. Così, le guide sono rimasti gli unici ad occuparsi della cura di questi luoghi. L'uomo che mi accompagna mi mostra con orgoglio il lavoro fatto da lui ed i suoi colleghi, che si dedicano con passione alla cura del giardino e mantengono il luogo in perfetto ordine. Conosce a memoria la vita del Che, e mi illustra le foto, donate dalla documentazione cubana, sulle pareti dell'edificio, che ritraggono il comandante nei vari momenti della sua vita, dall'infanzia alla selva boliviana. Mi racconta che molti, sia a Vallegrande che a Santa Cruz, vorrebbero chiudere questo memoriale, e fanno di tutto per renderne difficile la visita. La figura di Guevara, pure morto da più di quarant'anni, mi spiega, “viene vista con fastidio, non è storia ma attualità”. Anche le guide, aggiunge, sono viste da molti di mal occhio, “perché veniamo considerati comunisti”. Eppure, mi assicura che lui non è comunista, e che ha letto e imparato la storia della rivoluzione cubana e sudamericana per il suo lavoro. Poi, però, mi racconta, che lui è figlio di contadini, e che perciò è contro i latifondisti, che ancora hanno molta influenza in questa regione del paese. Lui è a favore della riforma agraria promossa dal MAS. Allora ammette che gli è “impossibile non provare simpatia per il Che, che ha dato la vita per i poveri ed i contadini”.
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Vallegrande |